Milan Djuric (Милан Ђурић)

Intervista ripresa dal Corriere Romagna di lunedì 10 dicembre 2007

CESENA. Il bomber venuto dalla "città del sale". Perchè è questo il significato del nome di Tuzla, città dell’allora Repubblica Federale Socialista Jugoslava, che il 22 maggio 1990 diede i natali a Milan Djuric e da lì a pochi mesi venne martirizzata dalla ferocia croata (e dai marchi tedeschi, ndr) nella prima guerra dei Balcani. Ma Djuric, bosniaco di famiglia serba, allo scoppio delle ostilità era già sbarcato da qualche tempo in Italia.

 

Djuric, con i croati alle porte, rimanere a Tuzla era troppo pericoloso per una famiglia serba?

In effetti siamo riusciti ad evitare la guerra perchè siamo andati ad abitare a Pesaro già nel 1991, cioè un anno prima dello scoppio del conflitto. Ma mio padre aveva comunque altri progetti, e penso che saremmo partiti in ogni caso.

Quindi di fatto lei ha sempre vissuto in Italia?

Esatto, tanto che l’italiano è la mia unica lingua. A Pesaro ho iniziato a giocare a calcio, militando nell’Usav, una piccola società locale. Da lì sono poi stato osservato dalla Vis Pesaro che mi ha successivamente tesserato. Dopo il fallimento dei biancorossi sono finito a giocare negli Allievi Regionali del San Marino.

Come è avvenuto il passaggio in bianconero?

Mio padre Goran  giocava a calcio anche lui in Bosnia, e faceva come me la punta, nella locale Serie C, ed ha conosciuto Davor Jozic, il quale è venuto un paio di volte a vedermi. Lo scorso anno quindi sono sbarcato a Cesena, giocando negli Allievi Nazionali per poi passare, all’inizio di questa stagione, in Primavera, dove ho già realizzato quattro gol.

E l’esordio in B?

E’ arrivato a Mantova: sono entrato in campo alla mia prima convocazione, è stato davvero emozionante. Però quella era una situazione di emergenza. In seguito Vavassori mi ha dato fiducia sia nella ripresa con il Lecce che sabato scorso con il Frosinone dal primo minuto: per questa mia prima da titolare lo ringrazio tantissimo.

Come si è ambientato a Cesena?

Molto bene, quest’anno finalmente ho preso anche casa: abito a Palazzo Ghini con due ragazzi delle giovanili. Fino alla scorsa stagione facevo il pendolare tutti i giorni, e la cosa era piuttosto stressante. Adesso posso concentrarmi meglio anche sulla scuola: frequento il quarto anno all’Istituto per Geometri, ed il mio obiettivo è quello di arrivare a prendere il diploma. In generale poi mi trovo benissimo anche con tutti i miei compagni, anche se quelli con cui ho legato maggiormente sono i pesaresi come me, cioè Fattori e Tonucci.

Il gol al Frosinone cosa ha rappresentato per lei?

Sicuramente un’emozione. L’ho voluto dedicare alla mia famiglia, a mio padre Goran, mia madre Biljana e mio fratello Marco, che gioca anche lui nel Cesena, perchè mi sono sempre stati vicini. Anche sabato erano in tribuna. In particolare mio padre, in virtù della sua esperienza da attaccante, mi ha sempre dato tanti consigli per migliorarmi.

Un pensierino alla nazionale italiana l’ha già fatto?

Quando avevo dodici anni ho già partecipato ad un raduno nazionale, ai tempi dell’Usav Pesaro, quindi ho ricevuto lo scorso anno anche una convocazione per una rappresentativa giovanile. Non ho potuto rispondere a quest’ultima chiamata perchè non ho la cittadinanza italiana. Ho solo il passaporto bosniaco.

Ha pensato di fare richiesta per averlo?

Fino a quel momento la mia famiglia non aveva mai avuto l’esigenza di prendere la cittadinanza italiana, ma adesso ci siamo già attivati. Nel mio caso i tempi potrebbero essere un po’ lunghi perchè essendo minorenne la cittadinanza la deve prendere prima mio padre e poi toccherà anche a me. Ma è solo questione di tempo.